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Mattina, sono le cinque e venti, sono uno dei primi ad arrivare in zona cambio, al cancello che incontro prima di varcarne la soglia ecco gli addetti che mi controllano l’attrezzatura e mi stampano addosso il numero di pettorale: 46.

Ci siamo, quel che è fatto è fatto ora serve solo riordinare le idee e fare quello che da mesi sto preparando e provando, non è facile, è la prima volta, tutto è nuovo e tutto sembra così complicato.

Sistemo la bici sulla rastrelliera esattamente nella mia posizione ed inizio gli ultimi controlli, è addobbata come un albero di natale:

barrette, integratori, acqua, cibo e tutto quello che ho testato e provato in allenamento per portare a termine i miei 180km, deve essere tutto perfetto altrimenti rischio di non finire nemmeno la frazione ciclistica.

Sono quasi le sei e mezza e ormai sono arrivati tutti, c’è un gran via vai di gente all’interno della zona cambio, infilo la muta e per la prima volta oggi vedo il mare: tiro un sospiro di sollievo, le gigantesche onde che dominavano la spiaggia ieri si sono calmate, ed ”Eolo” dorme ancora tranquillo.

Indosso gli occhialini e controllo che non entri nemmeno una goccia d’acqua facendo qualche bracciata in mare, perfetti, ora non li toccherò più.

Alle 06:50 si entra nel box di partenza, eccomi, sarà sicuramente la giornata più lunga della mia vita. Mancano due minuti, per un attimo la mente vola all’indietro ripercorrendo in un flash tutta la strada percorsa per essere qui oggi: sono passati 11 mesi dal primo chilometro percorso in vista dell’ Elbaman, mesi lunghi e di grandi sacrifici, ore e ore passate macinando chilometri in bici, a piedi ed in piscina (per rendere l’idea è come se avessimo percorso la distanza che copre Roma a Tokyo), giornate di bel tempo alternate a lunghi periodi freddi e piovosi, alzatacce in piena notte e lunghe corse notturne dopo lavoro; questo, tutto questo, è servito a farmi arrivare qui, oggi, su quest’isola, a Marina di Campo, non come semplice turista ma come atleta impegnato in questa fantastica avventura.

Tre, due, uno, VIA!

Sono in acqua, le prime bracciate sono molto legnose, sono nel mezzo del gruppo di atleti, una volta che questo va sfoltendosi inizio a sciogliermi, cosi piano piano si allontanano da me anche tutti i dubbi e le paure che hanno preceduto questa partenza, sto nuotando bene, il primo giro di 1900 mt passa in un lampo, mentre nel secondo la mia testa è già sulla bici.

All’uscita dall’acqua incrocio il presidente dell’Elbaman che mi incita e mi da il tempo, perché in questa frazione non ho voluto portare con me l’orologio per non essere ossessionato dal cronometro, la gara è lunghissima e la parte a nuoto è solo l’inizio: il tempo è comunque ottimo, la frazione per me più difficile è alle spalle, compiuta nel migliore dei modi, mi sento molto più tranquillo.

Dopo un cambio veloce salgo in bici e mi appresto a percorrere i previsti 3 giri di un percorso impegnativo ma davvero molto panoramico e spettacolare; anche i 180 km della frazione ciclistica sono compiuti, arrivo all’ ultimo cambio molto concentrato e sereno, so che in questa ho fatto tutto quello che dovevo, ho tenuto un buon ritmo ma senza esagerare e, cosa più importante, mi sono alimentato e idratato nel modo migliore.

Scarpe da corsa ai piedi e via, mancano solo 42 dei 226 kilometri che dovevo coprire…

Questi ultimi sono però durissimi, la concentrazione comincia a cedere, per non parlare delle gambe, e come se non bastasse dopo pochi minuti si abbatte sull’isola uno dei più forti temporali che io come atleta abbia mai preso: le strade si allagano e dove non è possibile deviare il tracciato sembra di correre in un torrente.

Non importa, si va avanti, cerco di pensare positivo (se tutta quest’ acqua l’avessi presa mentre ero in bici sarebbe stato peggio) e continuo a correre, nonostante il diluvio ci sono molte persone ancora lungo il tracciato, incitano i vari atleti e ad ogni passaggio parenti e amici non fanno certo mancare il loro incoraggiamento e sostegno, cercando a loro volta di proteggersi meglio che possono dalla pioggia.

Negli ultimissimi Kilometri persino alcuni atleti che hanno già finito la loro gara si uniscono al pubblico per incitare chi ancora deve concludere la propria fatica.

Ultimo giro, ultimi 4 kilometri, ormai le gambe mi hanno abbandonato ma la gioia di essere così vicino al mio sogno mi fa aumentare la velocita, li percorro ad una media inferiore ai 5’/km.

Ultima curva, sono al bivio per l’arrivo, appoggio il piede sui 200 metri di tappeto rosso che mi conducono sotto l’arco d’arrivo: E’ fatta, sono al traguardo….

…..Non so quanto tempo sia passato prima di riprendere conoscenza e prendere coscienza (scusate il gioco di parole) di che cosa avessi compiuto, ma ero felicissimo, una gioia e un emozione mai provata prima.

La notte successiva non ho chiuso occhio, non c’era un centimetro quadrato del mio corpo che non mi facesse male e il mattino successivo non riuscivo nemmeno a scendere le scale dell’ albergo per andare a far colazione.

Piano piano, con il secondo giorno tutto iniziava ad andare meglio e stavo realmente prendendo atto dell’ impresa che avevo compiuto, nei giorni seguenti poi mi sentivo un’altra persona e mi sono davvero reso conto che nulla è impossibile basta davvero volerlo.

Carlo

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